La pandemia è tornata a mordere più di prima. Con l’aggravante di essersi trasformata adesso in pericoloso detonatore di conflitti sociali. Eppure, la sconfiggeremo nei prossimi mesi: di questo dobbiamo essere certi. Ma è una battaglia che lascerà i segni. E non tutti necessariamente negativi.
Quel che è già avvenuto e che vivremo sempre più nei prossimi anni è una trasformazione profonda nel nostro modo di lavorare e in fondo di vivere. Tutto questo sta avvenendo grazie a una straordinaria capacità di adattarci anche alla più imprevedibile e sciagurata delle emergenze.
È una metamorfosi delle abitudini e degli stili, ci stiamo difendendo da una minaccia e lo stiamo facendo restando noi stessi. Non era facile, non è scontato. Riusciremo così, solo così, a trasformare l’emergenza in opportunità. Può sembrare una contraddizione parlarne in questo momento, in cui sembrano prevalere le reazioni dettate dalla rabbia e dalla frustrazione per l’ulteriore stretta – forse inevitabile – decisa dal governo su tante attività produttive. E di fronte alle mille contraddizioni, ai ristoranti vuoti la sera e alle metropolitane prese d’assalto al mattino.
Ma viviamo – e bisogna prenderne atto – dei cambiamenti destinati a restare per sempre, soprattutto grazie allo sviluppo delle tecnologie che li hanno resi possibili. Pensiamo al ricorso massiccio allo smart working per milioni di lavoratori del settore pubblico e del privato, alla didattica a distanza per scuole e università, allo spostamento su piattaforme streaming di eventi – ma anche semplici riunioni di lavoro – prima impensabili se non in presenza. Questi tempi hanno indotto anche i più restii a voltare pagina. Anche chi, come me, è cresciuta negli anni Ottanta e Novanta e oggi si ritrova a dover fare e disfare non una ma cento volte progetti e piani di lavoro. Il segreto è farlo sempre con approccio ottimistico e con lo sguardo rivolto al futuro.
È la filosofia che guida la Fondazione Guido Carli. Del mondo della convegnistica e delle attività congressuali, dalle semplici lezioni alle manifestazioni pubbliche, si parla poco, troppo poco forse in questa fase emergenziale. Ma è un settore che al pari di altri sta subendo gravi danni. A maggio scorso, dopo aver rimandato per causa di forza maggiore, in piena prima ondata, la cerimonia di assegnazione del Premio Guido Carli, le aspettative del nostro pubblico, dei tanti amici, hanno indotto la Fondazione a rompere gli indugi. Vogliamo tornare a esserci, nelle modalità che le nuove, straordinarie tecnologie consentono.
La grande convention in programma il 4 dicembre all’Auditorium Parco della Musica, che avrà per protagonista il meglio dell’imprenditoria e del management italiano chiamato a discutere della “Ri-Nascita” del Paese, sarà un’opportunità non solo nei contenuti ma anche per le modalità.
In una corsa contro il tempo estenuante ed entusiasmante, le 269 presenze concesse in un primo momento per ragioni di sicurezza diventeranno potenzialmente milioni. Un grande live streaming sarà reso possibile grazie alla partnership del sito del Corriere.it, di quello del Tgcom24 e del nostro “fondazioneguidocarli.it”. Dal chiuso di una sala pur grande e prestigiosa, alle smisurate platee che il web può raggiungere.
Resto contraria a un uso massiccio dello smart working, ritengo che il pathos del contatto e del confronto di presenza resti insostituibile sotto il profilo umano. Ci è costato tanto rinunciarvi. Come sta costando caro agli italiani la fase storica che stiamo vivendo: ognuno compie la propria fetta di sacrifici. Ma insieme ne verremo fuori, proprio sfruttando di più e al meglio le opportunità che le tecnologie ormai ci concedono. Sarà l’eredità di questa pandemia, dalla quale usciremo solo se uniti e disposti ad adattarci.